Ad essere come Meursault

Il protagonista del romanzo Lo straniero (1942), spinge a interrogarsi paradossalmente, su cosa sia l’esistenza e su come essa possa (nel senso di tante enunciati che corrispondono a quanti sono i mondi possibili) essere vissuta, in quale direzione, trovandosi poi a dei punti di incrocio di idee e ad un crocevia dove non si sa dove si va a finire. Notevole l’adattamento cinematografico per la firma di Luchino Visconti (1967) con la partecipazione anche della francese bella e Carina (Anna Karina, affiancata da Marcello Mastroianni nei panni del protagonista, Meursault), protagonisti di molti film nouvelle vague con a fianco Belmondo, ci ha lasciati da poco; ma, non è poi così bello il mondo nella mente di quello Straniero di cui parla anche un gruppo musicale, i The Cure. E’ un mondo assolutamente piatto, un mondo in cui si va a vedere un film di Fernandel cosa di cui viene anche accusato di dubbia moralità durante il suo processo (per capirci il protagonista religioso di Peppone e Don Camillo), dopo la dipartita della defunta madre; un mondo in cui il valore, anche della vita umana, anzi, soprattutto della vita umana, nel caso specifico quella di un Arabo, vale davvero poco, quando poi c’è il sole in faccia e c’è quella sorta di offuscamento dei sensi, che accompagna un malessere e un disfunzionamento non soltanto psichico, ma anche e soprattutto morale ed esistenziale. Cosa che porta anche al ripensamento della coscienza e di come essa sia estremamente soggetta agli agenti atmosferici e all’umore. Lo straniero, alla ricerca di una serenità, come quella canzone di Alan Sorrenti, che parla di un uomo solo che si ritrova straniero in cento strade diverse (1973), e si sente straniero ed estraniato rispetto ad un mondo in cui cerca la serenità. Egli è un italiano. Meursault, invece, è l’idea di uno scrittore francofono e pertanto più incline alla schiettezza, o al nichilismo. Al disfattismo. All’anarchia. Le due tendenze, all’ordine e al disordine che stanno dentro l’anima francese. Quando si legge lo straniero di Albert Camus, si entra in una mente che è come gettata nel mondo e sta lì senza capirci niente e senza avere nemmeno la speranza di riuscirci a capire qualcosa. Come quando si sta in un posto e ci si sente spaesati. Meursault, è un impiegato, un semplice impiegato, non fantozziano, non kakfiano. Un impiegato alla maniera specifica di Camus. Nessuna commistione con il comico, facendo dei risvolti grotteschi, no, l’impiegato di Camus è qualcosa di completamente immorale. Si pensi a quell’immoralista di quell’altro francese, Gide. Dove il rapporto tra bene e male è quasi inesistente. E non c’è un paradigma assoluto che possa guidare l’azione. E’ un impiegato che non è per niente interessato a fare carriera. Perché concepisce semplicemente il lavoro come una cosa ripetitiva, sempre netti davanti alla stessa macchina da scrivere, che il mondo e i ruoli sono uguali anche se ci si sposta di cento miglia oppure tutto resta uguale anche se si cambia di grado. La vita non cambia se si vive in una città o in un’altra. La vita è uguale dappertutto. Concezione estrema o realistica? Eccesso di realismo oppure psicosi? Dopo la dipartita della madre va a vedere un film comico, come se niente fosse, lo fa con piacere e con garbo, poi mentre è in ufficio salta e si butta subito nella via, poi, fa un bagno al mare, come si vede nel film con Mastroianni. Ma tutta questa sequenza di azioni è priva di nessi logici, si agisce come ebbri in un marasma di sensazioni contraddittorie e di diversa portata; Umberto Galimberti una volta disse che la psicosi o la pazzia è in realtà una capacità più ampia di vedere tutti i significati di un oggetto e tutti i possibili modi attraverso i quali questo può essere utilizzato. Entrare fin dentro le cose, analizzare e capirne tutti i legami possibili di nesso causale. Forse è questo che sente entro sè Meursault, per una psicologia letteraria realistica,  che cerca di pesare ogni azione e poi nella noia o nel caldo assurdo lì a ridosso del mare compie quel gesto meschino e violento con quell’arabo. La storia di Meursault invita a riflettere sul fatto che ad essere come Meursault non so se c’è da perderci o da guadagnarci. Potrebbe essere anche un saggio incompreso. Il nichilismo del protagonista dello Straniero nasce dalla considerazione di quell’anima francese, già di per sé malinconica che cerca significati nelle cose, come un Cartesio sempre vigile a fianco che guida l’azione, ma che poi la vita, i rumori, gli incontri improvvisi, gli imprevisti, tutto ciò buttano via il compasso e la riga e tutto va in malora. Non si capisce più nulla. Il caldo, come quello di questi giorni e poi l’incomprensibilità della realtà. Il bene e il male, come rispettare o no i comandamenti o le leggi morali. E’ giusto rubare? L’occasione fa l’uomo ladro? C’è davvero la possibilità di una coscienza interiore che magari davanti ad un portafoglio in terra dica all’uomo “ehi porta indietro quello che vedi, è giusto così”. Meursault e i nichilisti sono divisi tra un barlume di coscienza e poi il totale delirio nichilistico e l’assenza totale di valori. Il bene e il male, esistono? Lo straniero, diversamente da Kafka, è una descrizione reale del nichilismo, non frammista ad elementi grotteschi. Come il tragico epilogo del libro e la fine di Meursault. Perché ci si sente straniero? Si è straniero quando si è diverso dal comune sentire di una comunità di persone. Si è straniero quando non ci si riesce ad adattare e a fare dei luoghi comuni il pane quotidiano dell’anima e del quieto vivere. Un libro senza tempo e un tema senza tempo. Quello dell’illogicità e degli eventi che vengono messi l’uno accanto all’altro senza che ci possa essere un atto ragionato, tipicamente de l’esprit de geometrie che possa far si che quella singola azione sia discussa a priori nella sua sensatezza. Mica facile cercare verità e ragionamenti in un mondo che fa di tutto per sfuggire alla ragionevolezza. Meursault contemporaneo.

Giovanni Sacchitelli

Il protagonista del romanzo Lo straniero (1942), spinge a interrogarsi paradossalmente, su cosa sia l’esistenza e su come essa possa (nel senso di tante enunciati che corrispondono a quanti sono i mondi possibili) essere vissuta, in quale direzione, trovandosi poi a dei punti di incrocio di idee e ad un crocevia dove non si sa dove…